Ed ecco, giusto per farvi capire che c'è sempre di peggio, queste sono altre righe scritte sempre in quell'agosto infernale sopracitato e nonostante Dalia non fosse a Milano, bensì nella sua dimora campestre, così descriveva un pomeriggio:
Arso è il mio campo
e la terra si spacca
si crepa.
Arsi il palato
le mie parole.
Morto è un ramo del melo
e contorto
nudo
si disegna nel cielo.
Secco è il rovo che stillava more
secca la mia mente.
Infuocati il muro
le pietre
il mio corpo
che troverà ristoro
forse
nel vento
portato dalla luna.
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